Etienne Marcel,Guillaume Caillet : capipopolo del ’300
La vicenda di Etienne Marcel e dei Jaques capitanati da Caillet insegna come l’assenza di un certo benessere materiale,percezione di sicurezza, fiducia nei confronti dello Stato diventa ingrediente di una esplosiva combinazione di tensioni di varia natura che può sfociare nella violenza distruttiva come impulso vendicatore per torti veri o presunti tali. L’immiserimento genera sentimenti meschini e istinti di autosoppravivenza, egoismi e assenza di scrupoli in individui che possono anche non essere per personalità e carattere pericolosi. Quando un sistema saccheggia componenti sociali deboli ed incapaci di difendersi da soprusi può trovarsi nella possibilità di “scavarsi la fossa” per la tipica cecità di amministratori ottusi, sicuri della forza coercitiva della legge e della naturale tendenza degli esseri umani a seguire l’esempio violento se sufficientemente ampio e coinvolgente. In epoca moderna i cittadini dei paesi sviluppati sono abbastanza istruiti e “civilizzati” quel tanto da evitare e temere la violenza in piazza, almeno la maggior parte, indipendentemente dal livello sociale. Tuttavia la vicenda storica insegna che se, pure sono impossibili serie rivolte popolari, il populismo ben orchestrato e guidato da leader carismatici potrebbe ancora suscitare preoccupazioni agli establishment. I tempi attuali sono caratterizzati da questi “masaniello” cavalcanti la cresta dell’onda di una crisi economica che ricorda per durezza l’impatto sociale delle epidemie del ’300, ma alla rovescia nel senso che dapprima il ceto medio cresceva e diventava la base della Nazione mentre ora il ceto medio si sta impoverendo trascinando con sè le nazioni stesse svuotate sempre più di significato, almeno in Europa, dall’emergente sistema capitalistico senza frontiere,per certi aspetti più arretrato, per i suoi aspetti di neoschiavismo e neocolonialismo di sapore ottocentesco.
Dopo la disastrosa disfatta subita dai francesi a Poitiers il 19 settembre 1356 la campagna e le città dei domini diretti ed indiretti della dinastia dei Gigli iniziavano a ribollire portando in superficie questioni sociali,economiche e politiche lasciate irrisolte o anche semplicemente trascurate con effetti devastanti. Gli eventi che si susseguono come a catena sono senz’altro scatenati nel risvolto peggiore dalla disfatta militare e dal collasso del prestigio della Corona per la cattura e il lungo esilio del Re di Francia Giovanni II in Inghilterra. Poitiers aveva letteralmente decimato la classe dirigente francese costituita dal Re e dalla grande aristocrazia lasciando un vuoto di potere improvviso in un sistema politico e sociale ancora basato su rigide gerarchie feudali e assenza di un vero potere centrale. L’assenza di una forte amministrazione statale aveva determinato tutta una serie di gravi abusi dei numerosi poteri locali sulle categorie sociali inferiori in particolare i contadini che, pur godendo di uno status sociale superiore in seguito ai terremoti economici dovuti alle epidemie e allo sviluppo tecnologico dei sistemi di coltivazione, erano ancora soggetti a rigidi contratti fra cui la manomorta e il formariage ( divieto di matrimonio con persona al di fuori della proprietà del signore ). La manomorta era la condizione contrattuale che rendeva il contadino del ’300, uomo libero formalmente, ancora rigidamente vincolato al signore feudale che era l’unico proprietario dei terreni,strumenti agricoli,forni e mulini dei quali il contadino o l’artigiano erano solamente affittuari per una durata limitata alla loro vita e non era previsto il passaggio dei beni di famiglia ai discendenti degli affittuari. Inoltre il signore feudale, in quanto proprietario esclusivo dei terreni, godeva del diritto di acquisire ogni eccedenza di beni prodotti ed esercitava la giustizia e imponeva tributi solo nella forma in nome del Sovrano. I contadini, comunque, non erano una massa unica ma loro stessi erano un insieme articolato di categorie sociali in base alla quantità dei beni posseduti direttamente o in affitto ma erano tutti in blocco esclusi dalla classe dirigente che era ancora espressione dell’aristocrazia guerriera ed ecclesiastica da molti secoli. Un aristocrazia gelosa del proprio potere al fine di escludere da processi decisionali del governo l’allora emergente borghesia. Dopo il disastro di Poitiers era venuta a mancare quella forza che puntellava e manteneva in piedi un sistema sociale profondamente mutato nella composizione demografica ed economica in seguito alle sempre più frequenti e devastanti epidemie di peste che caratterizzarono il ’300. Difatti l’annientamento di interi nuclei famigliari in ogni livello sociale permise la scalata sociale di altre famiglie che acquisivano terreni e proprietà rimaste senza proprietari viventi o spesso trasferiti per necessità. Sorsero dunque nuovi proprietari terrieri in grado di divenire una forza di opposizione di fronte alla aristocrazia feudale delle campagne seriamente indebolita sia dalla peste, sia dalle vicissitudini militari in un periodo in cui la forza militare era prevalentemente in mano a milizie mercenarie che, in seguito alla tregua, erano state congedate e dunque incontrollabili e spesso fonte di problemi. Nel contesto la borghesia cittadina era stanca di supportare il potere centrale con continui prestiti senza garanzie di restituzione e si era organizzata per opporsi decisamente ad un ulteriore prestito richiesto dall’allora delfino Carlo ( il futuro Re Carlo V ) per pagare il riscatto del Re Giovanni ( gli inglesi avevano preteso circa 100000 fiorini, una fortuna per l’epoca ). Inoltre numerose altre città avevano cominciato a chiudere le porte ai reduci di Crecy considerati vigliacchi e traditori e talvolta opposero violenza al ritorno di essi alle proprie sedi. La situazione precipitò nel biennio 1357-1358 quando i rappresentanti più importanti della borghesia parigina trovarono come leader Etienne Marcel che era già conosciuto per le sue posizioni intransigenti nei confronti della monarchia come capo di tutti i mercanti della città ( il Prevosto dei mercanti di Parigi per la precisione ). Marcell approfittò del vuoto di potere per costringere il Delfino a convocare gli Stati Generali che per la Corona ha sempre comportato gravi disordini politici poiché il Terzo Stato godeva il vantaggio della maggiore coesione e determinazione con coscienza di essere l’unica vera fonte economica a supporto della Corona. Gli Stati Generali difatti diventarono subito dominati dai borghesi che pretesero dal delfino di effettuare drastici tagli sul personale amministrativo regio in cambio del pagamento del riscatto. I tagli colpivano importanti personalità del seguito regio ma il Delfino oppose il rifiuto sopratutto per l’oltraggio e l’attentato all’autonomia del potere regio. Il tentativo regio di sciogliere gli Stati Generali fallì e gli eventi successivi sembrano essere l’esatto anticipo degli avvenimenti della Rivoluzione Francese 400 anni dopo. Gli Stati Generali divennero un comitato permanente pressoché dominato dal Terzo Stato quando il Delfino e la maggior parte dei nobili e chierici lasciarono Parigi. Tuttavia, a differenza di quello che succederà nel 1789, la borghesia di Marcel non aveva sviluppato una “coscienza di classe” in termini marxisti il che vale a dire che i mercanti parigini non pensavano ancora di creare una classe dirigente autonoma per governare ed amministrare il Paese. Le loro rivendicazioni si limitavano a imporre alla Corona alcune condizioni politiche in cambio delle tasse senza mettere assolutamente in discussione altri diritti regi ( in modo simile alla grande rivolta nobiliare del 1215 in Inghilterra dalla quale si ottenne la Magna Charta ) . Inoltre i borghesi di Parigi non avevano alcun legame con la campagna e la classe mercantile non stabilì una vera alleanza con le gilde della manifattura e dell’industria solitamente disprezzate per la loro natura dell’attività manuale e socialmente degradante. Il vuoto di potere dunque non fu rapidamente riempito e gli effetti si fecero subito sentire. Il Comitato Permanente perse tempo in iniziative che verrebbero considerate oggi “populiste” quale ordinanze sugli orari dei lavori amministrativi,stipendi dei funzionari, controllo sulla coniazione della moneta e divieto di accumulo di cariche per funzionari provinciali. Un atto interessante è il generale divieto ai nobili di lasciare il regno che caratterizzerà in modo analogo i primi avvenimenti futuri della Rivoluzione Francese. Fu istituito infine il Consiglio dei Trentasei ma i borghesi di Parigi quasi non si resero conto che stava esplodendo il paese fuori dalle mura. I contadini, non vedendo più il Re Giovanni, persero la fiducia nei confronti dello Stato e ritennero di vendicare le sofferenze subite con la violenza senza alcun disegno ideologico e senza una reale organizzazione. Una sorta di rivoluzione “spontanea” ed esplosiva ma completamente priva di ogni genere di guida. La violenta reazione era provocata anche dalla crescente esasperazione, sempre per gli effetti di Crecy, dell’impotenza dello Stato nell’allontanare i mercenari assoldati e poi congedati dalla stessa Corona. Inoltre gli inglesi avevano lasciato in giro per il territorio francese i loro mercenari come un astuzia tattica per danneggiare ulteriormente i nemici sconfitti dopo la tregua. I contadini legarono l’assenza di interventi da parte della Corona alla responsabilità dei loro signori feudali che diventarono bersaglio di feroci attacchi. I castelli, semi sguarniti dalle epidemie e dalla crisi, furono incendiati e saccheggiati in un certo numero per varie regioni del Regno. I contadini prevalevano per il numero e determinazione e nulla potevano opporre le piccole milizie ( quando c’erano ) e ci furono massacri di nobili, talvolta intere famiglie di castellani. Intanto a Parigi i membri delle gilde del lavoro avevano utilizzato berretti con i colori rossi e blu ( le famose coccarde poi della Rivoluzione Francese ) e usando il nome di Marcel assassinarono l’11 gennaio 1358 tre importanti funzionari regi che avevano tentato di opporsi alla fazione di Marcel ormai divenuto padrone della città e quasi dittatore. Il tentativo del Comitato Permanente di forzare la mano alla Corona riguardo al pagamento del riscatto si risolse in un grave errore che segnerà l’esito dell’avventura politica di Marcel. Difatti la famiglia reale, un altro interessante parallelo con il 1791, fuggì da Parigi in direzione della fortezza di Meaux una delle poche fortificazioni meglio difese di tutto il Regno. Tuttavia il parallelo con il 1791 finisce lì poichè il comitato permanente, pur apparentemente vittorioso, non aveva una forza militare per imporre un governo e aveva perso l’appoggio di nobili che potevano offrire supporto militare, esiguo ma decisivo nei confronti della Monarchia anche essa priva di un esercito ma forte di propria legittimità plurisecolare. Le lotte fra il dittatore di Parigi e il Delfino di Francia aggravarono la situazione nella campagna poichè il Delfino aveva autorizzato i nobili a requisire beni dalle comunità intorno alla capitale per poter cingerla d’assedio. I contadini bruciavano castelli ma saccheggiavano anche altri contadini più agiati e così anche il “movimento” contadino si disgregò fra mille rivoli di gruppi dediti a saccheggiare e seminare terrore lì dove non ci fossero mura ben presidiate. Bande di mercenari si unirono ad essi per fare bottino finchè c’era occasione. Emerse ben presto un certo “capopopolo” carismatico e trascinatore di folle scalmanate di nome Guillaume Caillet, una sorta di “Masaniello” francese nella personalità e modi di fare. Le bande di Caillet si identificavano con una sorta di “uniforme” quali giacche di cuoio appunto e da lì l’origine della definizione storiografica Jacques. Mentre Marcel era dittatore a Parigi, Caillet divenne a sua volta dittatore nelle campagne della Francia grazie alla sua politica di alleanze con diverse città dove le gilde dei manovali avevano preso il potere. In pratica il Regno di Francia ( circa 2/3 della Francia attuale ) si disintegrò fra la fazione borghese parigina, i rossoblu delle gilde, i contadini e l’establishment feudale indebolito ma non del tutto sconfitto. L’aristocrazia e la Corona riuscirono, nonostante il caos, a conservare saldamente il controllo di Compiegne e Normandia dove le città ribadirono fedeltà al Delfino. Il momento decisivo e anche l’apice del clima da guerra civile avvenne il 9 giugno 1358 quando i Jacques cinsero d’assedio la fortezza di Meaux dove risiedeva la famiglia reale dei Valois e il Delfino e i maggiorenti dell’aristocrazia. I contadini furono rapidamente dispersi subito dopo dal rapido intervento di un gruppo di cavalieri ben addestrati e determinati guidati da Gaston, conte di Foix, insieme ad un vassallo degli inglesi Captal de Buch entrambi reduci da una crociata nella Prussia “pagana” di quel tempo. L’avvenimento galvanizzò l’aristocrazia e la fazione monarchica che si erano trovati di fronte a contadini non organizzati e facilmente sgominabili da veri uomini d’arme. La rivalsa contadina era possibile in Francia poiché i contadini avevano vinto militarmente i cavalieri supplendo la minore qualità con i terreni più impervi e con armi appositamente progettate contro i cavalli quali le picche e le alabarde come dimostrato in svizzera nella battaglia di Morgarten nel 1315. I cavalieri si vendicarono con estrema brutalità sulle città che avevano stretto patti con i Jacques e gli orrori della guerra civile entrarono nelle città fino ad allora risparmiate. Infine Caillet venne catturato con l’inganno ( o tradimento a seconda delle ipotesi ) e i Jaques, senza un vero capo, tornarono ad essere una caotica forza sempre più in disfacimento e facilmente repressa senza pietà dai nobili che tornavano nelle proprie sedi con la spada. La persecuzione anticontadina fu tale che i Jacques cessarono di esistere in un giro di un mese e la classe contadina fu rimessa strettamente sotto controllo nel tradizionale sistema feudale. La fine dei Jacques accompagnò ben presto quella di Marcel che aveva provato a coinvolgere essi nella lotta politica contro la Corona attirandosi l’ostilità dei nobili che,insieme a borghesi esasperati dal radicalismo dei rossoblu, avevano espresso vivo orrore al tentativo del dittatore di allearsi con il pretendente al trono Carlo di Navarra. Il gesto costò la vita al Prevosto dei Mercanti il 31 luglio del 1358 a Parigi per mano degli stessi facinorosi che Marcel stesso aveva utilizzato per le sue ambizioni. La morte di Marcel e la fine dei Jaques segnarono bruscamente la fine di un breve periodo di confusione che a grandi linee rappresenta l’emergere di una situazione socio-economica completamente nuova che chiude il medioevo e apre la strada all’età moderna con tutte le questioni che l’accompagneranno quale il ruolo della monarchia, le rappresentanze sociali, l’assolutismo fino alla fase culminante e quasi “vendicatrice” per certi aspetti della Rivoluzione Francese.
GABRIELE SUMA
Una meditazione sulla ricorrenza della storia è obbligatoria
interessante l’argomento e la riflessione. Non conoscevo questa pagina della storia.
sono lieto che ti è piaciuto il mio post, la Storia è una continua scoperta se si ha la curiosità e sete di conoscenza