I burattini del Sol Levante
Il teatro giapponese è uno degli aspetti più affascinanti della cultura del Sol Levante. Le rappresentazioni che meglio sono conosciute in Occidente derivano dalla tradizione del teatro Kabuki composto e recitato da attori in carne e ossa. Le attrici sono state escluse dal palcoscenico dopo un lungo periodo di Onna-kabuki dal 1629 fino a tempi recenti. Le donne fecero parte di alcune rare antiche tradizioni di danza Bukagu ed è anche molto radicata l’eccezione particolare delle danze sacre Odori effettuate da sacerdotesse Miko. Le opere venivano rappresentate anche tramite burattini e questo tipo di teatro viene definito con il termine di Joruri ( il termine tuttavia indica una tradizione di canto, non i burattini in sè ) oppure con il moderno termine ningyo-shibai ( teatro dei pupi ). Il teatro dei burattini era frequentato e apprezzato dall’aristocrazia, tramite il Joruri si è fatto conoscere uno dei più grandi drammaturghi del Giappone quale Chikamatsu Monzaemon. I burattini venivano definiti con il termine di Kugutsu e furono introdotti in Giappone da nomadi della Cina ( secondo alcune fonti dall’antica etnia Ti della Cina settentrionale ) che intrattenevano le comunità con spettacoli all’aperto. Dal XIII secolo in poi essi si insediarono stabilmente sopratutto nei pressi dei templi come quello di Ebisu della città di Nishinomiya. I burattinai continuarono ad esercitare la professiore per la strada recando con sè una cassa portatile in cui i burattini venivano abilmente manovrati spesso in piedi ( e va detto che a differenza dell’occidente, il burattinaio operava sempre scoperto ed era ammirata più l’abilità dell’operatore che l’opera in sè ). Il teatro vero e proprio si istituì molti secoli dopo agli inizi del XVII secolo quando i cantori di Joruri integrarono la loro tradizione con i burattini del teatro ambulante e le opere diventarono di pubblica conoscenza anche nell’alta società ( persino presso la Corte Imperiale ). Secondo la tradizione ebbe molta popolarità un operatrice dello spettacolo di nome Rokujo Namuemon che però dovette abbandonare l’attività a causa dell’editto del 1629 che proibì l’ingresso delle donne in tutte le forme di spettacolo teatrale ( a parte la danza ). Nel XVII secolo il teatro dei burattini gradualmente si diffuse in molti principali centri fino alla stessa capitale imperiale quale era allora Kyoto ma i migliori drammaturghi svolgevano l’attività sopratutto a Edo ( capitale dello shogunato e futura Tokyo ). I teatri divennero stabili edifici e talvolta di grandi proporzioni ( le sale avevano molteplici piani rialzati e il palcoscenico poteva avere un altezza di circa 4-5 metri e lunghezza molto variabile e una vastissima serie di burattini per ogni tipo di situazione ) . Le storie erano spesso di carattere epico ma anche vi erano storie di fantasmi e di orrore ( gli eroi erano così popolari in certi casi che venivano pure “resuscitati” dagli autori per richiesta del pubblico ) e il genere ( che anticipa il grand guignol francese ) era definito Kimpira-joruri dato dal nome dell’eroe Kimpira. Dopo l’incendio di Edo del 1657 i principali gruppi teatrali si trasferirono di nuovo a Kyoto dove però lo stile cambiò profondamente da opere di orrore al dramma malinconico e con tematiche religiose e romantiche più in voga nella regione. Le opere di carattere sociale di Chikamatsu fiorirono proprio in questa regione. Lo spettacolo di burattini era generalmente operato da un declamatore ( il Tayu ) e un suonatore di samisen ( un particolare strumento a corda ) che accompagnavano il lavoro del burattinaio su un lato del palcoscenico, la loro presenza era fondamentale per sottolineare gli stati d’animo dei personaggi e il ritmo dell’azione con tecniche di accompagnamento musicale detto Chobo. I burattini potevano essere mossi o con le mani o con i fili e le rispettive tecniche erano definite Tezukai e Itozukai ( da non confondere con la tecnica coi fili per marionette definita come Itoayatsuri ).Il burattinaio era assistito da due persone ( hidarizukai e ashizukai ) che muovevano la mano sinistra e i piedi del burattino mentre il burattinaio si occupava del volto,testa e mano destra. Questa tecnica persiste tuttora oggi specialmente a Osaka. Il burattinaio esercitava l’azione indossando un particolare abito di rappresentanza ( Kamishimo ) mentre i suoi assistenti erano nascosti dietro un velo nero provvisto di fori per gli occhi. I burattini sono tuttora rappresentati in categorie tradizionali quali l’eroe ( Tatekayu ),l’anziano ( Fukeyaku ),la donna ( Oyama ) ,il ragazzo ( Koyaku ), il comico ( Chari ). Contemporaneamente ci fu una tradizione di marionette che non si sviluppò a causa della maggiore popolarità dei burattini. Le opere dei burattini erano legate anche a rappresentazioni di bizzarre opere basate sull’esposizione di congegni atti a stupire e i burattini talvolta si muovevano da soli con tecniche meccaniche ( i cosidetti Tezumaningyo ). I burattini, di raffinata anatomia e frutto di autentica ingegneria, “indossano” abiti sontuosi che per le leggi imperiali non dovevano essere indossati dagli attori in carne e ossa. Tuttora i burattini in Giappone sono popolarissimi e si uniscono alla vasta mistica per i “simulacri” di persone ( un classico esempio sono le bambole Ichimatsu ) alimentando la cultura popolare della magia e dei fantasmi che caratterizza i moderni medium quali il cinema e i Manga.
Gabriele Suma
Complimenti per lo stile grafico del blog, ma ancora di più per l’articolo ben scritto ed interessante.
Giusto lo scorso week end ho portato le mie due figlie piccole al teatro dei burattini, sono rimaste affascinate: è una manifestazione artistica senza tempo (e senza luogo a quanto pare!). Il burattinaio è riuscito a coinvolgere anche i grandi raccontando negli intervalli la tradizione di famiglia, aspetti della sua arte e la storia di alcuni burattini del ’700 che aveva con se.
i cantori di Joruri possono identificarsi come i cantastorie siciliani che ancora oggi raccontano epiche storie di cavalieri e dame accompagnandosi con la musica per strada ?
è possibile, i cantastorie erano molto rispettati in civiltà dove la scrittura e la lettura erano appannaggio solo dei gruppi sociali gerarchicamente superiori e le comunità antiche erano molto più preparate alla memoria rispetto a noi che siamo inclini ad affidare i ricordi alle macchine.