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mag 14, 2021 - Notizie    4 Comments

Robin Hood d’America

Siamo negli anni ’30, dopo l’epopea spettacolosa del decennio caratterizzato da mutamenti socioculturali e sconvolgimenti di vecchie certezze. Gli anni “ruggenti” si conclusero tuttavia con lo shock senza precedenti provocato dal “Martedì Nero” ( da non confondere con il più positivo “Venerdì Nero” dei saldi ) che segnò il crollo improvviso della Borsa di New York nel freddo inverno del 1929. L’evento tuttora argomento di intensi dibattiti in America potrebbe far venire in mente quello che è avvenuto più recentemente, il crollo finanziario del 2008 che ancora influenza le dinamiche economiche e sociali in mezzo mondo compreso appunto il rifiorire del populismo.

La società americana si era trovata, dopo il ’29, fortemente colpita, tanto la classe media che il proletariato con conseguenze sulle spese pubbliche dato il minore gettito fiscale e la produzione dimezzata con riflessi su tutti gli altri settori della vita economica nazionale come il commercio, crescita industriale e statura nell’arena internazionale.

Di conseguenza sorsero istanze politiche di deciso intervento statale nei meccanismi economici della Grande Repubblica Stellata andando contro la volontà dei cittadini americani contrari al dirigismo economico caratteristico invece di molti paesi europei. La Costituzione americana è segnata infatti dal ricordo del sopruso della monarchia inglese sui coloni che rivendicavano la propria libertà e proprietà. L’istituto presidenziale secondo la costituzione doveva così astenersi da ogni forma di controllo sui cittadini eccetto il dovere di tutelare la proprietà privata e la difesa della comunità dai nemici esterni.

In opposizione al sentimento comune, erano sorte invece nuove linee di pensiero che diedero impulso alla Sociologia e a nuove teorie economiche per elaborare nuove risposte alla crisi che aveva sconvolto il sistema tradizionale come il Keynesismo ancora oggi punto di riferimento per le soluzioni stataliste.

In tale atmosfera emerse la figura peculiare di Huey Long che ha aveva attirato su di sé grande attenzione ben oltre i confini del proprio stato per alcuni anni dal 1928 al 1935.

Di umili origini, di fede battista ( una peculiare rielaborazione del protestantesimo ), era nato nella Louisiana, antica colonia francese donata da Napoleone I alle colonie, animata da istanze socioculturali controverse divenute terreno fertile per radicalismo ideologico. Long si dimostrò molto insofferente alle regole fin dalla prima giovinezza sviluppando però anche predilezione per riferimenti ideali a disciplina e rigorismo per gli altri. Entrò nella politica abbastanza presto evitando il servizio militare e la guerra e si fece notare per le sue posizioni radicali contro i “poteri forti” ( qualcosa del Deep State trumpiano di oggi ) accusate di governare la società americana dietro i grandi monopoli industriali.

Ben presto partecipò alle primarie democratiche della Louisiana ( lo stesso partito di Roosevelt ) incontrando però ostilità da parte di alcuni colleghi per la sua posizione contro sia lo Standard Oil e sia contro una compagnia telefonica, essendo lui ostile a fenomeni di monopolio ed esenzioni fiscali. Long assunse notorietà a livello nazionale per le sue battaglie legali e mantenne una posizione di neutralità nei confronti del KKK che già allora verso la fine degli anni ’20 mieteva vittime nello Stato. Pur battista sostenne attivamente i cattolici guadagnandosi notevole supporto da essi sfruttando in modo innovativo le nuove tecnologie di comunicazione come la radio e carri per propaganda stimolando la partecipazione pubblica alle questioni rivoluzionandone la comunicazione politica.

In poco tempo si guadagnò popolarità tale da consentirgli di diventare governatore dello stato nutrendo ambizione di arrivare poi alla Casa Bianca mentre sollevava dibattiti per le sue campagne moralizzatrici sostenute dalla guardia nazionale dello stato. Risiedeva in un edificio grandioso, dal quale iniziò a deliberare azioni contro le compagnie petrolifere scatenando crisi intestine nel partito democratico che ricercava accordi con esse. Long, ad un certo punto, rischiò pesanti conseguenze penali per la sua politica. Lo scontro divenne molto duro obbligando il governatore a farsi scortare mentre puniva i suoi nemici più acerrimi licenziandoli dall’amministrazione pubblica e minacciando pesanti ritorsioni legali senza remora alcuna.

La popolarità crebbe enormemente ponendosi come acerrimo nemico delle compagnie del petrolio. Egli riuscì a controbattere nemici supportati da importanti giornali con forme di propaganda che coinvolgevano instancabilmente i cittadini per la strada vincendo le elezioni per il Senato anche con uso di metodi poco ortodossi infiammando il già teso clima politico. Il noto attore Charlie Chaplin si espose dando il suo sostegno ad una campagna di accuse di frode elettorale contro l’impetuoso ma vincente governatore.

Una volta assunta la carica senatoriale, bruciando le tappe praticamente con le proprie forze e la forza indomabile del solido sostegno popolare, promosse, con crescente spregiudicatezza forse alimentata dal senso di potere per la carica rivestita, iniziative a favore dei propri amici ed alleati nel controllo dello Stato della Louisiana determinando nemici e nuovi ostacoli che potevano sbarrargli il passo verso la sua metà più ambita: la Presidenza.

La politica molto battagliera a favore dell’industria del cotone della Louisiana divideva l’opinione pubblica di fronte all’imbarazzo di molti nemici che dimostravano di non saper reagire a tale confronto dopo anni di taciti accordi reciproci anche fra avversari. Long, come Trump oggi , era diventato un “outsider” che sconvolgeva il consolidato sistema con forza dirompente di una meteorite. Long mandava avanti idee sempre più ambiziose e radicali come soluzioni di redistribuzione della ricchezza e rottura dei monopoli incontrando forte consenso, dipingendosi quasi come un Robin Hood.

Durante la sua amministrazione, vantò di aver riassettato lo stato della Louisiana, rinnovato i servizi pubblici e contrastato la disoccupazione con mano ferma, quasi autoritaria secondo i suoi molti nemici.

All’apice della popolarità iniziò a farsi strada come leader di una alternativa visione superando lo storico dualismo dei repubblicani e democratici proponendo un ambizioso programma di rinnovamento socioeconomico a favore delle basse classi sociali allontanandosi da Roosevelt che rappresentava il lato più moderato delle riforme. In seguito la presa di distanza si tramutò in scontro diretto, nel quale Long non risparmiò nemmeno violenti epiteti nei confronti dei sostenitori della fazione di Roosevelt, compreso il futuro generale MacArthur. Ci furono tentativi di neutralizzarlo politicamente con indagini su presunti brogli, però tutti conclusi con formula di assoluzione rendendo il ribelle senatore sempre più battagliero e carismatico.

Ad un certo punto fece presente anche la sua linea sulla politica estera, impostata come un deciso isolazionismo anche nei confronti del “giardino di casa” della storica Dottrina Monroe accusando le compagnie petrolifere di aver alimentato la guerra fra il Paraguay e la Bolivia e richiedendo anche il ritiro dalle Filippine nella convinzione che la nazione non avrebbe dovuto perseguire gli scopi dei “poteri forti”. Le sue posizioni sempre più originali ed audaci gli fecero guadagnare sempre più nemici nell’establishment ma non esistono prove di un vero e proprio complotto deciso per la sua eliminazione.

Nel 1934 presentò il programma “Share our Wealth” che ebbe effetti paragonabili ad una bomba atomica direttamente lanciata contro l’amministrazione Roosevelt. In seguito attaccò i giornali accusando di spargere menzogne e nel suo stato fece varare una legge che imponeva ai giornali di pagare una tassa definita da lui “la tassa per le bugie”. Alla fine, nel 1935, decise di correre per le presidenziali previste per il 1936 raccogliendo grande consenso nei suoi viaggi attraverso la Grande Repubblica Stellata mentre in Louisiana la compagnia petrolifera Standard Oil attaccò il senatore supportando anche un associazione dotata di armi facendo alzare la temperatura del rovente clima politico. Scoppiarono subito dopo violenti incidenti con scontri fra i militanti pro Standard Oil e la Guardia Nazionale dello Stato mentre il senatore applicò misure molto rigide per ristabilire la situazione. Ad un certo punto il senatore mise in atto delle pratiche legali per neutralizzare uno dei suoi avversari politici determinando però la reazione di un medico parente dell’indagato, un tale Carl Weiss che pensò di vendicarsi sparandogli all’uscita dal tribunale.

Al funerale parteciparono decine di migliaia di sostenitori che subito denunciarono la possibilità di un vero complotto dietro all’azione individuale di un solitario, tendenza che ci è famigliare poiché sarà anche così decenni dopo a riguardo dell’omicidio di JFK.

Roosevelt, con la morte del suo più pericoloso avversario, vinse le elezioni e saccheggiò il programma di Long facendolo come proprio assimilando i resti della “rivoluzione” inaugurata con lo Share Our Wealth.

Paradossalmente Long divenne ben presto simbolo di radicalismo antidemocratico, di minaccia alle istituzioni, perfino di fascismo in una fortunata opera distopica di Lewis Sinclair “It can happen here” pubblicata proprio poco tempo dopo la morte del senatore. Il romanzo descrive l’avvento di una figura carismatica ed irresistibile che sovverte violentemente le istituzioni e ne diventa il dittatore. Un libro scritto apparentemente per mettere in guardia sui pericoli del fascismo imperante in Europa collegandosi con la parabola del senatore della Louisiana.

Sarà stato davvero un incipiente fenomeno di populismo totalitario? ai posteri l’ardua sentenza.

Le opinioni negli USA sono tuttora divergenti e forse, non per caso, in Europa si conosce così poco del personaggio in questione.

Cosa ci ricorda ora ? una meteora forse per il momento ma cosa ci riserverà davvero il futuro ?

GABRIELE SUMA