Sekigahara
Giappone.
Alberi di ciliegio riempiono ciclicamente ogni anno con i loro petali cadenti immensi spazi naturali ed artificiali di un arcipelago oggi abitato da più di cento milioni di individui.
Un popolo, i giapponesi, che ha versato sangue fratricida per secoli in passato.
Una guerra secolare ha insanguinato ridenti vallate e severe montagne senza risparmio per luoghi sacri e rifugi di uomini di pace. Migliaia di guerrieri si sono dati battaglia recando a sé con orgoglio gli stemmi di grandi e piccole casate disseminate per tutto il territorio dell’Impero di Yamato. L’Imperatore, venerato figlio delle divinità sulla Terra, rimaneva nascosto nell’austero e disadorno Palazzo Imperiale nella antichissima capitale di Kyoto mentre sorgevano e cadevano i clan feudali completamente indipendenti e padroni delle proprie terre.
Siamo nell’anno 1600 dell’età cristiana, quinto anno dell’era Keicho sotto il regno dell’Imperatore Go Yozei.
La Guerra era al suo culmine.
Oda Nobunaga, il cesare dagli occhi a mandorla, era riuscito a unire più della metà dei territori ma era morto assassinato dal suo generale più fidato nel momento del suo massimo trionfo.
I domini, acquisiti con decenni di lotte, si divisero subito fra i sostenitori del clan Hishida legato all’ ambizioso ed abile ex-contadino ( Hideyoshi ) e i sostenitori invece dell’ex-braccio destro di Nobunaga dai nobili natali ( Ieyasu del piccolo ma fiero clan Matsudaira di Mikawa ). Enormi eserciti costituiti da veterani di precedenti campagne iniziavano a radunarsi intorno a diversi signori feudali che si sono scelti la fazione ( Hishida e Tokugawa ). La lealtà era un valore solo sulla carta, tutti aspettavano l’offerta migliore al momento giusto senza vincoli morali, come perfetti discepoli di Machiavelli. I conflitti precedenti erano caratterizzati da stravolgimenti di fronte anche spettacolari determinando esiti imprevedibili per un osservatore occidentale.
Ieyasu non era un uomo d’azione come il brutale Nobunaga e l’astuto Hideyoshi; preferiva ottenere i risultati sfruttando le debolezze umane e le occasioni giuste.
I suoi occhi erano puntati su uno dei più valenti ma anche meno leali generali della fazione avversaria, il nipote del vecchio Hideyoshi, Hideaki Kobayakawa che seguiva l’armata degli Hishida.
Entrambi gli eserciti si incontrarono poi in un area quasi centrale della principale isola Honshu del vasto arcipelago.
Sekigahara
Schiere di contadini armati ( ashigaru ) di lunghe lance a mo’ di picca ( yari ) si fronteggiavano fra le colline. Ieyasu aveva notato la presenza di Hideaki fra le file nemiche e contava sul suo supporto quando richiesto. La strategia militare nipponica in uso all’epoca prevedeva complesse manovre prima dello scontro, ricercando punti deboli come un gioco di scherma. Le connotazioni geografiche del terreno e l’abilità dei rispettivi capi rendevano però la battaglia convulsa, sanguinosa e di esito incerto. Ieyasu osservava spazientito la mancanza di attività da parte di Hideaki che si manteneva in riserva fuori dal fulcro della battaglia. I messaggeri dei Tokugawa e suoi simpatizzanti cercavano di convincerlo senza risultati.
Il Capo dei Tokugawa, temendo la disfatta, aveva deciso di commettere un atto audace, non tipico del suo carattere misurato, quale prendere a colpi di artiglieria gli uomini di Hideaki.
Lo scopo, a costo di vite di potenziali alleati, era smuovere Hideaki anche a costo di perderlo.
Palle di cannone inizivano a cadere e rotolare fra fitte schiere di armati ma Hideaki non dava segno di recepire il messaggio mentre il sole stava raggiungendo il picco di mezza giornata. Ad un certo punto, Hideaki, probabilmente fattosi sicuro della neutralità delle truppe del clan Mori schierate dalle sue parti, ruppe gli indugi girando il fronte contro gli ex-alleati. Il voltafaccia dei Kobayakawa mise in crisi l’intero esercito Ishida cambiando l’esito della battaglia a favore dei Tokugawa fino a quel momento sulla china della disfatta. Dopo poche ore, la vittoria dei Tokugawa fu così schiacciante sul campo che la guerra si volse rapidamente al suo termine. La battaglia sarà decisiva anche per la formazione di una nuova classe sociale costituita da una gerarchia basata sui meriti ricevuti proprio sul campo di quella battaglia.
I Samurai.
Questo vecchio Giappone, cristalizzato per secoli, si frantumerà all’arrivo delle “navi nere” del Commodoro Perry nel 1840 dell’età cristiana ovverosia anno decimo dell’era Tenpo dell’Imperatore Ninko. Il crollo della classe dei samurai divenne naturale conseguenza del disfacimento dello Shogunato istituito, con il sangue versato nella battaglia, dai Tokugawa vincitori.
GABRIELE SUMA