Il Grande Gioco
I curdi,occupanti un territorio a cavallo fra la Siria,Iraq e Turchia, hanno conservato elementi di sistema tribale-federale che hanno caratterizzato la loro lunga storia. L’entroterra culturale ha tratti in comune con popolazioni nomadi della “steppa” come i mongoli e i turchi delle origini. La comunità è suddivisa in una moltitudine di clan che tuttora operano in completa autonomia in ogni campo senza esigenza di un governo nazionale vero e proprio. I curdi non sono nemmeno uniti poiché esiste una parte di tribù curde che militano fra le file di fazioni ostili a quella nuova entità politica conosciuta con la sigla YPG che in lingua italiana significa “Unità di Protezione Popolare”.
Gli avvenimenti militari e politici ancora in corso sembrano voler favorire la nascita di una “nazione curda” in seno alla Siria ma le grandi potenze coinvolte dietro la sanguinosa guerra civile siriana non hanno ancora stabilito un piano per il dopoguerra.
I curdi si sono conquistati l’attenzione internazionale per le loro doti combattive contro le milizie Daesh ( ISIS ) ma erano anche conosciuti anni prima per lo scontro con le autorità turche che tuttora restano il loro nemico principale. Il governo turco non accetta l’esistenza di un territorio etnico autonomo e ha utilizzato ogni forma di repressione, dalla censura mediatica agli arresti, persino effettuando vere e proprie operazioni militari.
Il comportamento ambiguo della Turchia è fonte di imbarazzo per le potenze occidentali che tra l’altro sono impegolate anche con il dilemma etico di accettare la prospettiva di uno smembramento di uno stato dietro propositi di realtà etniche “nazionali” . Una situazione che riporterebbe alla memoria i dilemmi wilsoniani del primo dopoguerra.
Difatti una “nazione curda” è considerata tale per un territorio dai confini imprecisati ma di vasta estensione che includerebbe tre stati diversi ( Siria, Iraq,Turchia ) con importanti aree strategiche per l’economia globale come i grandi giacimenti petroliferi intorno a Kirkuk attualmente territorio iracheno. In tal senso la Turchia, non uffcialmente, supporta l’ISIS e le fazioni alleate dell’Arabia Saudita per contrastare cio’ che è ritenuta una minaccia alll’integrità territoriale ereditata da Ataturk ,che creò la “nazione turca” ,proprio contro un piano di spartizione di potenze straniere sulle rovine dell’Impero Ottomano.
I curdi sono nominalmente musulmani in maggioranza ma non accettano autorità religiose del Califfo o di un sultano e osservano talora alcuni fondamenti di Zarathustra e forme di animismo che contribuiscono a determinare la loro identità. Le tribù curde hanno i propri leader ma la “nazione curda” viene appoggiata e sostenuta attivamente da curdi di città che non ne fanno direttamente parte ma che operano come figure politiche in parlamenti e sedi pubbliche di molti stati fra cui in particolare la Turchia.
Come in molte altre esperienze storiche, il nazionalismo curdo è frutto del particolare risveglio delle identità storiche del secolo decimonono e sostenuto da una minoranza determinata. La determinazione è sempre stata forte poichè la comunità è stata subito oggetto di repressione da parte del governo turco fin dalla sua fondazione. I turchi,difatti, stavano a loro volta perseguendo politica nazionalista per creare salde fondamenta dello stato. Il governo imperiale ottomano aveva concesso diritti e territorio ai curdi in seguito alla loro collaborazione alle campagne di persecuzione contro gli armeni. Il nuovo stato turco ha riutilizzato poi i medesimi brutali metodi contro le comunità anatoliche di lingua greca nel processo di formazione della nazione turca dai resti dell’impero. I curdi sono alla fine divenuti l’ostacolo più importante all’unificazione etnica della penisola anatolica.
La situazione ha acquisito un nuovo livello di complessità in seguito allo scenario internazionale della Guerra Fredda. La Turchia, prima di fare parte della NATO, ha assunto nuovamente la funzione geopolitica di barriera anti-russa in seguito alla poco conosciuta Crisi degli Stretti nell’immediato secondo dopoguerra. Le potenze occidentali erano interessate a tenere fuori l’URSS dal Mediterraneo con il sostegno al governo turco. Il comportamento delle grandi potenze sulla questione curda era ambiguo poichè da una parte i media e alcuni partiti la sostenevano e dall’altra i governi preferivano impedire nei fatti la nascita di una “nazione”.
La “questione curda” rimane difatti irrisolta non solo in Turchia ma anche in Iraq e Siria nonostante i recenti avvenimenti proprio per l’ambigua posizione di tutte le parti coinvolte che hanno rilevanti interessi economici nell’area interessata.
L’Iraq fu istituita dopo la grande guerra il 23 ottobre 1920 come monarchia e divenne indipendente ma sotto egemonia britannica. L’Inghilterra fu responsabile di politiche di dura repressione di minoranze e fazioni per anni a venire. Negli anni ’30 ebbero luogo numerosi colpi di stato militari contro l’istituzione monarchica. Nel 1936 un generale curdo Al Askari impose un governo militare che promosse una politica di modernizzazione che fu interrotta da nuovi sconvolgimenti politici che continuarono fino agli ’40 quando l’Iraq assunse una posizione di simpatia nei confronti delle potenze dell’Asse durante la seconda guerra mondiale. L’Inghilterra intervenne e invase il paese nel 1941 per impedire il collasso dell’Impero in Medio Oriente e la legge marziale britannica e un governo fantoccio ( Nuri Said ) rimasero in vigore dopo la guerra fino al 1948.
I curdi si organizzarono inizialmente in formazioni politiche di ispirazione comunista ma in seguito a lotte interne fra nazionalisti e comunisti, i primi istituirono un vero movimento basato sul principio identitario dei curdi quale il Partito democratico del Kurdistan. Il nome Kurdistan è, come avviene in molti nazionalismi, una “invenzione storica” per raccogliere una complessa realtà storica che si è sviluppata in un area dai confini privi di vere e propre “barriere naturali” che invece erano caratteristiche dei nazionalismi europei.
Essi divennero presto strumento della logica della Guerra Fredda in corso. La figura più rappresentativa della tragedia era Mustafa Barzani che era il leader della corrente più attiva del vario movimento. Egli nutriva un’eccessiva fiducia nei confronti delle grandi potenze straniere che avevano a loro volta “inventato” l’Iraq stesso. Gli USA consideravano l’area di vitale importanza strategica ed erano intervenuti in diverse situazioni nella generale prospettiva del ritiro dell’Inghilterra e della Francia. L’era del de-colonialismo era in una certa misura effetto del confronto globale fra i principali promotori del “diritto dei popoli” quali gli USA e l’URSS in maniera e con propositi diversi. Gli USA erano entrati in Medio Oriente per salvaguardare il controllo della produzione petrolifera. I sovietici, sfruttando il vuoto di potere delle vecchie potenze coloniali per influenzare i neonati ceti dirigenti, inizialmente approvarono anche l’insediamento dello Stato di Israele,fondato in gran parte con ispirazione socialista. Gli avvenimenti cambiarono l’intero quadro e si cristallizzò un delicato equilibrio fra stati sostenuti dagli USA ( Israele,Turchia,Arabia Saudita ) e quelli dall’Unione Sovietica ( Giordania,Egitto,Siria,Iraq ) .
L’Iraq era inizialmente una monarchia che fu ben presto esautorata da una sequenza di colpi di stato militare in meno di vent’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Mustafa Barzani era di istruzione sovietica ma la sua causa era sostenuta dagli Stati Uniti poiché il regime militare al potere a Baghdad era un cliente fedele di Mosca. Barzani rappresenta in sé le tipiche contraddizioni che tuttora lacerano l’Iraq e tutto il Medio Oriente. Difatti gli USA, ad un certo punto, rinunciarono a supportare Barzani e i suoi curdi per non danneggiare gli interessi dell’alleato NATO quale è la Turchia.
Istanbul godeva della sua particolare posizione geopolitica nel quadro generale di confronto contro la Russia neutralizzando l’ostilità europea per il suo regime illiberale. In questo modo Barzani fu praticamente abbandonato e le repressioni turca e irachena segnarono la fine della causa curda.
Le contraddizioni che hanno caratterizzato la questione permangono tuttora. Difatti Le potenze straniere hanno demolito lo stato iracheno governato da un regime che ha dato e ricevuto favori da tutte le parti ( Saddam comprava armi dai russi ma era anche un partner molto amico della Francia ed Italia e gli USA lo ritenevano un contrappeso all’Iran ed Arabia Saudita ). L’amministrazione Bush Senior, costituito da veterani della Guerra Fredda, aveva “punito” Saddam ma l’intervento, pur massiccio, ebbe scopo limitato in considerazione dei problemi che sarebbero prevedibilmente emersi in caso di collasso del regime. Bush junior e le successive amministrazioni non ebbero la medesima esperienza e vedute e commisero l’errore di sconvolgere l’intero assetto della regione.
L’attuale caos ha favorito lo sviluppo di un area settentrionale fra Siria e Iraq controllata parzialmente da formazioni curde ( con eccezione di aree ancora in mano all’ISIS e siti strategici come la Diga di Mossul sotto controllo della coalizione internazionale ) ma non riconosciuta legalmente dai governi di Baghdad e Damasco. Le grandi potenze, coinvolte in questo nuovo “grande gioco” che sembra un revival degli schemi fra Inghilterra e Russia a riguardo dell’Afghanistan nel secolo decimonono, non hanno ancora espresso un orientamento e un accordo definitivo.
In questa fase delicata la Turchia sta utilizzando tutti gli strumenti a disposizione proprio per dividere e indebolire i curdi lungo la frontiera con bombardamenti e aiuti all’ISIS nonostante l’apparente presa di posizione contro di essa come membro della NATO. L’abbattimento del bombardiere russo Sukhoi-24 rientra in questo processo in atto da parte della Turchia di ostacolare i tentativi curdi di fondare un nuovo stato che potesse anche coinvolgere le minoranze in territorio controllato da Ankara. Inoltre il governo Erdogan non nasconde ambizioni di leadership sul vasto mondo sunnita in concorrenza con l’Arabia Saudita e la lotta contro i curdi fa parte di una ben più più vasta operazione politica,diplomatica e militare. I recenti avvenimenti di scontri di frontiera fra l’Armenia ed Azerbaijan confermano una politica turca di scontro con la Russia che supporta il regime laico di Assad e in una certa misura i curdi. Uno sfondo di apparente guerra di religione che giustifica una pericolosa politica di revival dell’impero ottomano che attualmente le potenze occidentali fingono di ignorare pubblicamente.
La questione curda non potrà essere risolta se non vengono sciolte le contraddizioni che spingono i governi democratici in vario grado e rappresentanti un sistema di valori a tentare di sfruttare o manipolare realtà e sistemi completamente diversi o incompatibili. La scarsa conoscenza della storia e della società sembra essere un tratto tipico delle decisioni prese esclusivamente per interessi economici e militari. I popoli non sono pedine di un gioco ma molti individui che vivono e muoiono senza più rialzarsi come attori di un set cinematografico. Il “risiko” delle grandi potenze in atto sta creando un inferno e cimiteri a non finire. Il petrolio in Medio Oriente ha reso ricche alcune famiglie e creato città dal nulla ma lo stesso petrolio è causa anche di altre città ridotte in macerie, impoverimento e diffusa barbarie.
Il nazionalismo etnico è un ossessione ottocentesca divenuta attuale negli ultimi vent’anni dentro cornici di medioevali guerre di religione per giustificare una guerra globale per l’energia, in atto, e pericolosamente in bilico verso un confronto militare in un futuro forse non lontano.
GABRIELE SUMA